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Distacco da impianto centralizzato di climatizzazione

A seguire si riporta un utile documento della Regione Emilia Romagna in cui viene fatto il punto sugli obblighi e le possibilità di eseguire il distacco dall’impianto di climatizzazione centralizzato.

 Note in merito alla nuova disciplina del condominio di cui alla  Legge 11/12/2012 n. 220 con riferimento alla possibilità del condomino  di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento

Con la presente s’intende fornire risposta ai numerosi quesiti pervenuti in merito alle potenziali interferenze tra le disposizioni di cui all’art. 3 della Legge 11 dicembre 2012, n. 220 in oggetto e le disposizioni regionali in materia di rendimento energetico degli edifici di cui all’Allegato 2 della DAL 156/08 e s.m.i., con particolare riferimento a quelle che attengono agli impianti termici centralizzati.

I quesiti sono originati dalle disposizioni di cui all’art. 3 della Legge 11 dicembre 2012 , n. 220 che riporta “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”. In esso si prevede la modifica dell’art. 1118 del codice civile in materia di “diritti dei partecipanti sulle parti comuni”, disponendo che:

“Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unita’ immobiliare che gli appartiene. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.

Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.

Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.”

Si intende qui esaminare l’impatto che le disposizioni di cui al terzo alinea del “nuovo” art. 1118 C.C. potrebbero presentare sulla disciplina regionale in materia di rendimento energetico degli edifici di cui alla DAL 156/08 e s.m.i., con particolare riferimento a quelle disposizioni che prevedono:

negli edifici di nuova costruzione con più di 4 unità immobiliari, l’obbligo di prevedere la progettazione e l’installazione di impianti termici centralizzati;

negli edifici esistenti con più di 4 unità immobiliari dotati di impianto termico centralizzato, l’impedimento a procedere alla trasformazione dell’impianto stesso in singoli impianti con generatori di calore autonomi.

La disciplina della Regione Emilia-Romagna in materia di rendimento energetico degli edifici, che costituisce riferimento unico sul territorio regionale per quanto riguarda la progettazione e la realizzazione degli edifici, è costituita dalla citata Deliberazione di Assemblea Legislativa n. 156 del 4 marzo 2008 “Atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici”, che dà attuazione alla Direttiva Europea 2002/91/CE nel rispetto degli indirizzi generali contenuti nel relativo provvedimento nazionale di recepimento (D.Lgs. 192/2005 e s.m.i.).

In Allegato 2 della citata DAL 156/08 sono riportati i requisiti tecnici di rendimento energetico previsti per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a intervento edilizio. Dopo l’emanazione dell’Atto, tali requisiti sono state aggiornati con DGR n. 1362 del 20 settembre 2010, e poi ancora con DGR n. 1366 del 26 settembre 2011, in coerenza con l’evoluzione normativa sovraordinata.

In particolare, sono oggetto dei quesiti i punti 4 e 5 (poi rinumerati come 8 e 9 nelle successive citate revisioni) dell’Allegato 2 della DAL 156/08, che riportano le seguenti previsioni:

  • Nei casi di cui al punto 3.1, lettera a) del presente atto, e nel caso di nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti, per gli edifici con numero di unità immobiliari superiori a 4, appartenenti alle categorie E1ed E2, così come classificati in base alla destinazione d’uso all’art. 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, è fatto obbligo in sede progettuale di prevedere la realizzazione di impianti termici centralizzati per la climatizzazione invernale.
    • Nel caso di edifici pubblici o a uso pubblico, così come definiti nell’Allegato 1 del presente Atto, tale obbligo è esteso:
      • a tutti gli edifici, indipendentemente dal numero di unità immobiliari
      • agli impianti termici per la climatizzazione estiva, qualora quest’ultima fosse prevista.
    • E’ possibile derogare a tale obbligo in presenza di specifica relazione sottoscritta da un tecnico abilitato che attesti il conseguimento di un analogo o migliore rendimento energetico dell’edificio mediante l’utilizzo di una diversa tipologia d’impianto.
  • In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità immobiliari superiore a 4, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, appartenenti alle categorie E1 ed E2, così come classificati in base alla destinazione d’uso all’articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, nel caso di interventi di ristrutturazione dell’impianto termico non è possibile prevedere la trasformazione da impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità immobiliare. E’ possibile derogare a tale obbligo in presenza di specifica relazione sottoscritta da un tecnico abilitato che attesti il conseguimento mediante tale trasformazione di un migliore rendimento energetico dell’edificio rispetto a quello conseguibile con la ristrutturazione dell’impianto centralizzato.

L’esame delle interferenze tra le disposizioni di cui all’art. 3 della Legge 11 dicembre 2012, n. 220 e quelle di cui all’Allegato 2 della DAL 156/08 e s.m.i. sopra riportate viene di seguito effettuato sulla base dei diversi profili attinenti:

  1. all’aspetto tecnico, con riferimento all’ambito di applicazione delle disposizioni;
  2. all’aspetto giuridico, con riferimento:
  3. alla cedevolezza delle disposizioni di cui all’art. 3 della Legge 11 dicembre 2012 , n. 220 rispetto ad altre disposizioni del C.C.
  4. alla prevalenza della normativa regionale rispetto a quella statale, in relazione all’ambito di interesse della disciplina, riconducibile alla potestà legislativa della Regione ai sensi dell’art. 117 della Costituzione

 

VALUTAZIONE DELLE INTERFERENZE SECONDO IL PROFILO TECNICO

Dal punto di vista tecnico, è utile fin da subito evidenziare come le citate disposizioni regionali trovino riscontro se non quando nella lettera, certamente nello spirito della normativa nazionale, costituita dal Decreto del Presidente della Repubblica 1 aprile 2009 n. 59 recante “Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia”, pubblicato in G.U. n. 132 del 10 giugno 2009.

Il citato decreto definisce i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici per la climatizzazione invernale e per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari. Orbene, il comma 15 dell’art. 4 del citato DPR 2 aprile 2009, n. 59 prevede esplicitamente che “in tutti i casi di nuova costruzione o ristrutturazione di edifici pubblici o a uso pubblico……i predetti edifici devono essere dotati di   impianti centralizzati per la climatizzazione invernale ed estiva, qualora quest’ultima fosse prevista”.

Il comma 9 dell’art. 4 del citato DPR 2 aprile 2009, n. 59 prevede invece che “in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, … è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti; le cause tecniche o di forza maggiore per ricorrere ad eventuali interventi finalizzati alla trasformazione degli impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità abitativa devono essere dichiarate nella relazione di cui al comma 25.

Si evince da ciò chiaramente come anche nella disciplina nazionale si ritenga preferibile – dal punto di vista tecnico – il mantenimento degli impianti centralizzati negli edifici esistenti, inibendo la loro trasformazione in impianti autonomi a meno che non esistano cause tecniche o di forza maggiore che rendono necessaria tale trasformazione. Nella trasposizione operativa di questo indirizzo generale che la norma regionale effettua nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, altro non si fa che dare concretezza alle cd. cause tecniche o di forza maggiore indicate dal provvedimento nazionale.

Entrando poi nel merito specifico delle disposizioni regionali in questione, con riferimento alle modifiche apportate alla disciplina del condominio negli edifici, si sottolinea come esse non presentino alcuna interferenza, considerato il diverso ambito di applicazione.

Infatti:
– rispetto al punto 8 dell’Allegato 2 della DAL 156/08 e s.m.i. l’assenza di interferenze è evidente, in quanto il riformato art. 1118 del CC si riferisce ad impianti esistenti, per i quali viene disciplinata la possibilità di distacco, mentre le disposizioni regionali si riferiscono ad edifici ed impianti di nuova realizzazione;

– rispetto al punto 9 dell’Allegato 2 della DAL 156/08 e s.m.i. l’assenza di interferenze è motivata in modo più articolato, nei termini seguenti:

  1. va ancora e meglio evidenziato che, come si è già detto, il riformato art. 1118 del CC si riferisce ad edifici esistenti dotati di impianto termico centralizzato, per i quali viene esclusivamente disciplinata la possibilità di distacco e le relative conseguenze in termini di obblighi del rinunziante all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento nei confronti del condominio. Si sottolinea il fatto che nulla dice la norma rispetto a quanto si realizzi materialmente dopo il distacco, cioè con riferimento alle soluzioni impiantistiche eventualmente adottate: essa si limita quindi, nella sua lettera, a disciplinare modalità e conseguenze della rinunzia (temporanea o definitiva) da parte di un condominio all’utilizzo di un bene comune (l’impianto), fatto che potrebbe derivare da esigenze assai diverse (ad esempio nel caso di una unità immobiliare non utilizzata, per la quale il proprietario sarebbe invece obbligato a continuare a pagare il servizio di riscaldamento). In tale contesto, l’operazione tecnica necessaria (il “distacco”, ovvero la separazione fisica tra l’impianto termico esistente e la derivazione che interessa l’unità immobiliare per la quale si rinunzia al servizio) viene indicata esclusivamente per introdurre la previsione che essa non deve provocare “notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”;
  2. le disposizioni regionali di cui al punto 9 dell’Allegato 2 della DAL 156/08 e s.m.i., sopra richiamate, si applicano invece “nel caso di interventi di ristrutturazione dell’impianto termico”: tale tipologia di intervento è definita dall’allegato 1 della DAL 156/08 come

interventi rivolti a trasformare l’impianto termico mediante un insieme sistematico di opere che comportino la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione del calore; rientrano in questa categoria anche la trasformazione di un impianto termico centralizzato in impianti termici individuali e viceversa nonché la risistemazione impiantistica nelle singole unità immobiliari o parti di edificio in caso di installazione di un impianto termico individuale previo distacco dall’impianto termico centralizzato”;

  1. è di tutta evidenza quindi come la disposizione regionale di cui al punto b) non interessi l’operazione tecnica del distacco di una singola unità immobiliare dall’impianto termico centralizzato (esigenza connessa alla cessazione della fruizione del relativo servizio), quanto piuttosto la successiva installazione di un impianto termico individuale nell’unità immobiliare oggetto di distacco, con la conseguente trasformazione della architettura dell’impianto;
  2. in merito si sottolineano altresì le diverse condizioni tecnico-procedurali che è necessario seguire nei casi in discussione:

–      la rinunzia all’utilizzo del servizio di riscaldamento o di condizionamento offerto tramite impianto centralizzato mediante distacco della singola unità immobiliare, è operazione unicamente soggetta alla verifica (si presume effettuata da un tecnico, ma non in tal senso disciplinata dalla norma) che da tale intervento non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini: l’operazione tecnica è quindi unicamente asservita a dirimere eventuali controversie tra i condomini che fruiscono del servizio;

–      al contrario, gli interventi di ristrutturazione degli impianti termici (quali interventi di manutenzione straordinaria) sono soggetti a tutti gli effetti alla disciplina degli interventi edilizi, necessitando quindi della progettazione a firma di un tecnico abilitato e della relativa comunicazione all’autorità competente per la formazione del titolo abilitativo.

Con riferimento alle valutazioni sopra esposte, si ritiene quindi di confermare che le modifiche apportate alla disciplina del condominio negli edifici dall’art. 3 della Legge 11/12/2012 n. 220 non presentano alcuna interferenza con le disposizioni regionali in materia di efficienza energetica degli edifici, e segnatamente con i punti 8 e 9 dell’Allegato 2 della DAL 156/08 e s.m.i.

Conseguentemente, si ritiene di ribadire la validità delle citate disposizioni regionali.

VALUTAZIONE DELLE INTERFERENZE SECONDO IL PROFILO GIURIDICO

La verifica di impatto delle nuove disposizioni di cui all’art. 3 della Legge 11 dicembre 2012,n. 220 viene condotta sotto il duplice aspetto:

– della cedevolezza delle citate disposizioni rispetto ad altre disposizioni del C.C.

– della prevalenza o meno della normativa regionale rispetto a quella statale, in relazione all’ambito di interesse della disciplina, riconducibile alla potestà legislativa della Regione ai sensi dell’art. 117 della Costituzione

Al riguardo, posto che il nuovo articolo 1118 comma IV Codice Civile consente il distacco del condomino dall’impianto centralizzato, appare indispensabile, al fine del corretto inquadramento sistematico della novella, analizzare il rapporto tra le disposizioni regionali e quelle nazionali al fine di valutare l’esistenza di sovrapposizioni e di risolvere eventuali antinomie tra le fonti.

Il Legislatore, introducendo il nuovo comma IV all’articolo 1118 del Codice Civile, si è inserito in un complesso contesto nel quale il sistema di riscaldamento (e di condizionamento) rientra in un più ampio panorama normativo, le cui disposizioni sono finalizzate al contenimento dei consumi energetici anche ai fini del rispetto del Protocollo di Kyoto sottoscritto dal nostro Paese, il quale, in attuazione di esso, ha recepito la Direttiva Europea 2002/91/CE con il Decreto Legislativo 19 agosto 2005 n. 192.

A differenza dei precedenti interventi (si pensi, ad esempio, alla modifica della Legge 13/1989, articolo 2 comma 2, in tema di abbattimento delle barriere architettoniche od alla Legge 10/1991, articolo 26 commi 2 e 5, in tema di contenimento dei consumi energetici o, ancora, alla Legge 66/200, in tema di installazione di antenne paraboliche), il Legislatore della Riforma del Condominio non ha inserito il nuovo articolo 1118 Codice Civile comma IV in specifiche norme di settore. Si consideri, in questo senso, il nuovo articolo 11201 comma 2 del Codice Civile il quale, affrontando questioni quali, ad esempio, le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, il contenimento dei consumi energetici, le barriere architettoniche, lo sfruttamento di fonti rinnovabili, ha fatto salvo le diverse normative di settore.

La norma che prevede il distacco del condomino dall’impianto centralizzato, infatti è del tutto avulsa dal corpus normativo finalizzato al contenimento dei consumi energetici e non è inserita in alcun contesto diverso da quello meramente impiantistico.

 

Il tema dell’impianto di riscaldamento può essere astrattamente collocato, infatti, sia in ambito di contenimento di consumi energetici sia in ambito meramente impiantistico. Per ciò che attiene al primo profilo, rileva la Direttiva 2002/91/CE, recepita dallo Stato Italiano con il Decreto Legislativo 192/2005 (e successive modificazioni) avente ad oggetto “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”. Il decreto stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, contribuire a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal protocollo di Kyoto, promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico.

La riforma del Titolo V della Costituzione, attuata con la L. Cost. 3/2001, ha posto l’energia tra le materie a potestà legislativa ripartita tra Stato e Regioni. All’interno dei principi stabiliti dalla legge nazionale, tra le funzioni poste in capo alle Regioni vi sono:

– la formulazione degli obiettivi di politica energetica regionale;

– la localizzazione e la realizzazione degli impianti di teleriscaldamento;

– lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse endogene e delle fonti rinnovabili;

– il rilascio delle concessioni idroelettriche;

– la certificazione energetica degli edifici;

– la garanzia delle condizioni di sicurezza e la compatibilità ambientale e territoriale;

– la sicurezza, affidabilità e continuità degli approvvigionamenti regionali;

– il conseguimento degli obiettivi di limitazione delle emissioni di gas serra posti dal Protocollo di Kyoto.

Inoltre, d’intesa con gli Enti Locali, le Regioni hanno competenze relative alle procedure di autorizzazione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia.

Ai sensi dell’articolo 117 comma V della Costituzione e dell’articolo 17 del citato D. Lgs 192/2005 (Clausola di cedevolezza), fatto salvo quanto previsto dall’articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, per le norme afferenti a materie di competenza esclusiva delle Regioni e Art. 5 L. 220 del 2012:

  1. Dopo il primo comma dell’articolo 1120 del codice civile sono inseriti i seguenti:

«I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:

  • le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
  • le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;
  • l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni».

Province autonome, le norme del citato decreto e dei decreti ministeriali applicativi nelle materie di legislazione concorrente si applicano per le Regioni e Province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna Regione e Provincia autonoma.

La Regione Emilia Romagna ha autonomamente recepito la Direttiva 2002/91/CE: al fine di assicurare lo sviluppo coordinato ed omogeneo delle attività e dei servizi di miglioramento del rendimento energetico degli edifici, l’Assemblea Legislativa ha ritenuto di adottare un atto di indirizzo e coordinamento, in conformità all’art. 25 della L.R. 26/04 e ai sensi dell’art. 16 della L.R. 20/2000, che, in attuazione della direttiva 2002/91/CE e della direttiva 2006/32/CE e in conformità ai principi stabiliti dal D.Lgs. 192/05 e successive modificazioni ed integrazioni definisse:

gli standard minimi prestazionali degli edifici e degli impianti;

le metodologie per la valutazione della prestazione energetica degli edifici ed impianti;

la certificazione energetica degli edifici;

l’accreditamento dei soggetti certificatori;

la disciplina di esercizio, manutenzione ed ispezione degli edifici ed impianti;

l’allestimento di un sistema informativo regionale per il monitoraggio dell’efficienza energetica di edifici ed impianti;

la promozione di servizi energetici e misure di sostegno rivolti all’utenza finale, per contribuire al miglioramento dell’efficienza degli usi finali dell’energia, al controllo della domanda di energia ed alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

Per mezzo di tale atto di indirizzo e coordinamento, la Regione Emilia Romagna, in attuazione della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002, relativa al rendimento energetico nell’edilizia e nel rispetto dei principi fondamentali di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia), modificato dal decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, promuove il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici esistenti e di nuova costruzione, al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, dando la preferenza alle tecnologie a minore impatto ambientale.

La disciplina regionale, perseguendo finalità ben precise che trovano il proprio fondamento in una direttiva europea, disciplina il sistema di riscaldamento non per ciò che attiene all’aspetto impiantistico ma per quanto riguarda le conseguenze dell’uso dello stesso ai fini della riduzione delle emissioni in ambiente e ai fini di contenimento dei consumi energetici: rispetto alla normativa civilistica del condominio, che ha portata generale, essa si atteggia, pertanto, a disciplina speciale.

Come noto, uno dei canoni ermeneutici che sono stati elaborati al fine di comporre eventuali antinomie normative è il principio di specialità: in caso di contrasto fra due norme, anche di rango diverso, secondo questo principio, la norma speciale prevale su quella generale (lex specialis derogat legi generali).

Si consideri inoltre che l’articolo 1118 comma IV del Codice Civile non ha carattere imperativo. L’articolo 1138 comma IV del Codice Civile, infatti, nell’indicare le norme del Codice Civile che non possono essere derogate dal regolamento condominiale (sia di natura assembleare sia di natura contrattuale), non comprende il citato articolo 1118 comma IV che, pertanto può essere derogato dalla volontà della maggioranza dei condomini.

Pare evidente che, se la norma può essere derogata dal regolamento condominiale, essa a fortiori possa essere derogata da una disciplina di fonte regionale che si pone quale diretta attuazione di una direttiva comunitaria.

Dal quadro sopra esposto emerge che:

  • il nuovo articolo 1118 comma IV Codice Civile disciplina le posizioni giuridiche dei condomini sulle parti comuni e, in parte qua, prevede una mera possibilità di rinuncia, a certe condizioni, all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento;
  • la norma non è inserita in una disciplina organica avente ad oggetto il contenimento dei consumi energetici e, pertanto, non è preordinata al perseguimento di finalità di risparmio energetico né di riduzione delle emissioni inquinanti;
  • il nuovo articolo 1118 comma IV Codice Civile non è norma imperativa ed inderogabile;
  • in materia di contenimento dei consumi energetici e di emissioni nell’ambiente, la Regione, ai sensi dell’Arti colo 117 della Costituzione ha competenza a legiferare;
  • la legge speciale prevale in ogni caso sulla legge generale.

Tali considerazioni paiono avallate anche dai pochi autori che ad oggi si sono dedicati all’argomento nel contesto della riforma del condominio e che, nell’escludere un’antinomia tra la nuova formulazione dell’art. 1118 e l’art. 4 , comma 9, del D.p.r. n. 59 del 2009, perviene alle medesime conclusioni: “ il mero distacco, in quanto tale, potrebbe essere effettuato senza alcun successivo “allaccio” ad un altro impianto non centralizzato, e quindi senza che si verifichi la fattispecie di cui all’art.4 comma 9, D.P.R. 2 aprile 2009, n. 59. Ciò detto, anche una volta che avrà legittimamente effettuato il distacco dall’impianto centralizzato, il condomino, qualora intenda collegarsi ad un nuovo impianto termico separato, sarà comunque tenuto ad effettuarne l’installazione a norma di legge e quindi anche nel rispetto delle prescrizioni in materia di efficienza energetica”.

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